I ricorrenti, consiglieri comunali di San Marco Evangelista, chiedono l’annullamento della deliberazione di giunta comunale del 16 dicembre 2011, con cui sono state apportate variazioni all’organigramma dell’ente locale, nella parte in cui la giunta ha disposto l’affidamento di un incarico professionale mediante contratto di lavoro a tempo determinato, previo avviso pubblico, anziché provvedere alla copertura dell’esigenza funzionale mediante personale interno.
Avverso il provvedimento organizzativo della giunta, i ricorrenti articolano tre motivi di ricorso, deducendo violazione di legge, dello statuto e del regolamento comunale, oltre che difetto di istruttoria, per non essere state valutate adeguatamente, prima dell’esperimento dell’avviso pubblico, le risorse umane disponibili nell’ambito dell’apparato amministrativo locale.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso è fondata e assorbente.
Per pacifica e condivisibile giurisprudenza (confronta da ultimo T.A.R. Piemonte, sez. I, 4 dicembre 2015, n. 1707) i consiglieri comunali di minoranza sono legittimati ad agire nei confronti dell’ente cui appartengono unicamente nell’ipotesi in cui i vizi denunciati si sostanziano nella lesione del diritto all’ufficio, quindi con riguardo a profili che attengono all’esercizio della carica di consigliere comunale, impeditivi o lesivi delle funzioni consiliari. Casi esemplificativi sono quelli in cui i vizi dedotti attengono alle erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare, alla violazione dell’ordine del giorno, all’inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; più in generale, alla preclusione in tutto o in parte dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito.
Il richiamato orientamento fa leva sulla considerazione, condivisa dal Collegio, che il giudizio amministrativo non è preordinato alla soluzione di conflitti tra organi dello stesso ente, ma è diretto alla tutela degli interessi legittimi di soggetti incisi dall’azione amministrativa.
Nella fattispecie è evidente che la sfera giuridica dei ricorrenti non è direttamente lesa dal provvedimento impugnato.
Essi, infatti, agiscono nella qualità di consiglieri comunali di minoranza, intendendo contestare, con lo strumento improprio del ricorso giurisdizionale, le scelte organizzative dell’amministrazione comunale, obliterando gli strumenti all’uopo predisposti dall’ordinamento giuridico, tra i quali speciale rilevanza assume l’istituto della mozione di sfiducia nei confronti della giunta comunale.
Se fosse consentito, invece, ai consiglieri stessi di impugnare le delibere dell’organo solo perché affette da un qualunque vizio di legittimità, seppure non lesivo del loro diritto ad effettivamente espletare il mandato ricevuto dagli elettori, si finirebbe con il trasporre in sede giurisdizionale la fisiologica dialettica fra le forze politiche rappresentate nell’organo stesso.
Ne deriva l’inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva.
Le spese processuali, come di regola, seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.
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