DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento per i motivi di seguito illustrati.
Parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 del R.D. n. 1578/1933, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267/2000, violazione e falsa applicazione dello Statuto del Comune di Marano di Napoli, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, carenza ed erroneità dell’istruttoria, difetto di motivazione.
Con il primo motivo di gravame l’avvocato Di Grezia, in sintesi, assume l’illegittimità della modifica regolamentare – al pari di quella previgente – che, a suo dire, minerebbe l’autonomia funzionale dell’Avvocato comunale poiché rimette al Segretario Generale valutazioni (quelle, per l’appunto, concernenti la scelta del professionista esterno) che si connoterebbero per il carattere tecnico/discrezionale e che competerebbero, nella prospettazione attorea, al capo dell’ufficio legale, unica struttura dotata delle conoscenze necessarie per valutare la sussistenza degli elementi per l’esternalizzazione del servizio.
La censura non ha pregio.
Invero, parte ricorrente contesta sia la nuova formulazione dell’art. 20 (che rimette al Segretario Generale l’individuazione del professionista da incaricare) sia quella previgente (che attribuiva tale potere al Sindaco) ritenendole entrambe lesive delle prerogative dell’Avvocatura comunale. Tuttavia, è evidente che l’eventuale accoglimento del motivo di gravame non sarebbe di alcuna utilità per la ricorrente poiché avrebbe, come unica conseguenza, quella di ripristinare l’originario potere di designazione da parte del Sindaco – tale essendo la previsione antecedente alla delibera impugnata – che, in ogni caso, non sarebbe satisfattivo per la ricorrente e, pertanto, la censura è inammissibile per carenza di interesse.
Si aggiunga che, nel merito, il rilievo è comunque infondato.
Difatti, non può configurarsi alcuna lesione delle prerogative di piena indipendenza ed autonomia dell’Avvocatura comunale per effetto dell’attribuzione al Segretario Generale del potere di individuazione e nomina di legali esterni all’ente, dal momento che l’autonomia riconosciuta agli avvocati degli enti pubblici concerne la “trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente” (cfr. art. 23, primo comma, della L. n. 247/2012 recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), e non attiene invece a aspetti di carattere organizzativo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2434/2016), come quello di cui si controverte.
La novella è quindi riconducibile al potere generale di coordinamento attribuito al Segretario generale dall’art. 97, comma 4, del T.U.E.L. che non incide sull’autonoma organizzazione e gestione dell’attività forense dei professionisti dell’avvocatura comunale ma è unicamente volta ad attuare – per il tramite della figura di interrelazione tra l’apparato amministrativo dell’ente ed i rappresentanti politici dell’ente stesso – il necessario coordinamento del servizio legale rispetto alla complessiva organizzazione amministrativa comunale.
Inoltre, mette conto evidenziare che, riguardo alla scelta di individuazione e nomina del professionista esterno all’ente locale, l’Avvocatura comunale non è stata del tutto esautorata, visto che al Responsabile del Servizio Avvocatura compete comunque un potere di proposta motivata in ordine alla scelta del professionista esterno cui conferire l’incarico di rappresentazione dell’ente (“…su proposta motivata del Responsabile del Servizio Avvocatura, il Segretario Generale, provvede con proprio provvedimento al conferimento dell’incarico”); in altri termini, la novella regolamentare ha comunque tenuto conto della necessità di rimettere al titolare del settore avvocatura, tramite l’attribuzione del potere di proposta, l’avvio del procedimento di nomina e di contestuale formulazione del giudizio tecnico – discrezionale sul contenuto del provvedimento di nomina del professionista esterno, mostrando quindi di tenere in debita considerazione le valutazioni della struttura legale dell’ente.
Con la seconda censura l’istante lamenta la violazione degli artt. 107 e 97 del D.Lgs. n. 267/2000 evidenziando che le funzioni gestionali dell’ente locale – cui l’istante mostra di ricondurre l’individuazione del professionista esterno – appartengono esclusivamente ai dirigenti dell’ente locale, mentre al Segretario comunale non spettano compiti di amministrazione attiva, limitandosi a sovrintendere e coordinare i dirigenti medesimi.
Il motivo è infondato.
Nell’attuale assetto ordinamentale, al Segretario comunale sono affidati compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente locale, in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
In via generale è quindi pacifico che al Segretario comunale non sono affidati compiti di amministrazione c.d. attiva, limitandosi egli (cfr. art. 97, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000, c.d. Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali o T.U.E.L.) a sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e a coordinarne l’attività qualora non sia stato nominato un direttore generale. Tale attribuzione di competenze nettamente separate risulta però per ovvie ragioni temperata nei Comuni di minori dimensioni demografiche, generalmente privi di personale di qualifica dirigenziale. Prevede infatti l’art. 109, secondo comma, del T.U.E.L. che nei Comuni privi di dirigenti le funzioni dirigenziali possono essere attribuite ai responsabili degli uffici oppure demandate al Segretario comunale, in applicazione dell’art. 97 comma 4 lettera d) a mente del quale appunto il Segretario comunale esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal Sindaco o dal Presidente della provincia (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4858/2006; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, n. 1886/2012).
Invero, dall’esame della delibera risulta che l’attribuzione al Segretario Generale dell’incarico di individuare e affidare il patrocinio dell’ente si giustifica in ragione della strutturazione del Servizio autonomo di Avvocatura che non è diretto da un dirigente e non risulta inquadrato nell’area amministrativa, elementi che hanno indotto la Giunta Comunale ad attribuire al Segretario Generale, organo di vertice della struttura burocratica, l’incarico di individuare e conseguentemente affidare, in caso eccezionali, la rappresentanza in giudizio ai professionisti esterni, previa istruttoria e proposta del Responsabile dell’Ufficio Avvocatura.
Con l’ultimo motivo di gravame l’avvocato Di Grezia contesta l’affermazione riportata nella impugnata delibera giuntale – che, come si è visto, ha giustificato la contestata scelta in base al rilievo che il servizio avvocatura non è retto da un dirigente – evidenziando che, al contrario, a tale figura professionale compete il potere di adottare delibere di impegno e liquidazione della spesa (art. 25 bis del Regolamento degli uffici e dei servizi), previsione da cui potrebbe desumersi il possesso di qualifica dirigenziale.
L’argomentazione è priva di giuridica consistenza.
La istante desume il possesso di qualifica dirigenziale in capo al Responsabile dell’Avvocatura Comunale dallo svolgimento di una funzione (adozione di delibere ed impegno di spesa) attribuita al medesimo da un regolamento dell’ente locale; tuttavia, non vi è prova che l’incarico dirigenziale sia stato effettivamente attribuito al medesimo per non essere stato allegato alcun pertinente provvedimento amministrativo di nomina ex art. 109 del T.U.E.L.
In conclusione, il ricorso va respinto pur stimandosi equo disporre la compensazione delle spese processuali in considerazione della novità delle questioni esaminate.
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