E’ POSSIBILE INSERIRE L’ANTICIPAZIONE DI LIQUIDITA’ NEL FONDO CREDITI DUBBIA ESIGIBILITA’ RETTIFICANDO IL DISAVANZO – CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE SENTENZA N. 21/2017

FATTO

Con deliberazione n. 21 del 23 luglio 2015, il Consiglio comunale di Montalto Uffugo ha deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ai sensi dell’art. 243-bis del TUEL, a cui ha fatto seguito la deliberazione n. 39/2015 di approvazione del piano di riequilibrio finanziario con decorrenza dall’esercizio finanziario 2015 e per la durata di 10 anni.

A seguito della concessione dell’anticipazione di liquidità di cui al d.1. n. 78/2015, tale piano è stato rimodulato una prima volta, con la deliberazione n. 2/2016 e, successivamente, a seguito di richiesta di chiarimenti istruttori, con deliberazione n. 22/2016.

Sul piano rimodulato per la seconda volta, la Commissione ministeriale si è espressa con la relazione del 10 ottobre 2016.

La Sezione di controllo, alla luce delle risultanze finali contenute nella predetta relazione, nonché della documentazione in atti, con deliberazione n. 111/2016, ravvisava la necessità di acquisire, ai fini del giudizio finale di attendibilità e conformità del piano di riequilibrio pluriennale, ulteriori specifiche integrazioni istruttorie, assegnando, contestualmente, al Comune il termine di trenta giorni per provvedere.

L’Ente, con nota prot. n. 26056 del 28 dicembre 2016, forniva le proprie controdeduzioni e l’aggiornamento dei dati contabili.

Il saldo da finanziare individuato dall’Ente ammontava ad € 23.284.429,57, imputato per il periodo di durata decennale del piano di riequilibrio finanziario.

L’Ente dichiarava, in sede di redazione del piano di riequilibrio, l’esistenza di ingenti debiti fuori bilancio (antecedenti anche all’anno 2013), pari ad € 12.501.458,23 (di cui € 3.547.588,79 relativi a sentenze esecutive), cui dovevano aggiungersi “ulteriori debiti censiti dagli uffici ma ancora in istruttoria o privi del parere dell’Organo di revisione”, quantificati in €1.791.344,00.

La massa dei debiti da finanziare con il piano di riequilibrio, conseguentemente, ammontava ad € 14.292.802,23.

In fase di rimodulazione del piano di riequilibrio, approvata con delibera n. 22/2016, la massa debitoria da finanziare (comprensiva anche delle passività potenziali) veniva quantificata complessivamente in € 14.144.751,46 (di cui € 12.501.458,23 per debiti già riconosciuti ed € 1.643.293,23 per passività potenziali).

Successivamente, in sede di controdeduzioni, l’Ente rappresentava la massa debitoria da finanziare con il piano di riequilibrio per un totale di debiti pari ad € 14.067.862,82, rimodulato nei seguenti termini:

Debiti riconosciuti: € 12.818.587,47 (di cui € 317.129,24 riconosciuti dopo la rimodulazione del piano);

Passività potenziali in corso di istruttoria: € 965.584,04;

Passività potenziali allo stato non ancora riconoscibili: € 283.691,31.

L’Ente riferiva, inoltre, che residuavano ulteriori debiti, per sentenze sfavorevoli, di importo pari ad € 98.535,25.

Tali debiti, riconosciuti con deliberazione di consiglio n. 28/2016, venivano finanziati con l’applicazione dell’avanzo di amministrazione, all’interno del quale, dopo l’approvazione del rendiconto 2015, era confluito il fondo passività potenziali (quest’ultimo capiente e pari ad € 233.323,44).

La Sezione evidenziava che il fondo rischi, quantificato in € 1.681,15, risultava di esigua entità se rapportato alla massa di passività potenziali derivanti da sentenze sfavorevoli all’Ente.

Nel mese di gennaio 2017, l’Ente comunicava l’intervenuto riconoscimento di altri debiti fuori bilancio, per un importo pari ad € 282.552,20, che la Sezione riteneva fosse, presumibilmente, da ricondurre alle passività potenziali già inserite nel piano.

L’Ente, nella prima annualità del piano (2015), aveva fatto fronte a parte dei debiti fuori bilancio programmati per il medesimo esercizio, previsti in € 3.232.013,59, pagando in totale € 2.584.142,53, di cui € 2.066.381,91 con l’anticipazione di cui al d.l. n. 78/2015, e la restante parte con entrate proprie.

A seguito dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui, approvato con delibera della Giunta comunale n. 64/2015, emergeva un disavanzo di € 12.695.938,35, da ripianare in 30 anni con rate costanti pari ad € 423.197,94, rideterminato (delibera consiliare n. 13/2016), per ottemperare a quanto richiesto in sede di esame ministeriale, in € 5.271.271,69.

Anche il ripiano di quest’ultimo disavanzo è stato previsto in trent’anni in quote costanti annuali, d’importo, pertanto, ciascuna inferiore al ripiano precedente, decorrenti dall’esercizio 2015 fino all’anno 2044.

Tale rideterminazione del disavanzo avveniva in sede di approvazione del rendiconto 2015 con la citata delibera n. 13/2016, ove si dava atto che “l’Ente ha inteso rettificare il disavanzo da riaccertamento straordinario, modificando la quota di accantonamento trentennale da € 423.197,94 ad €. 175.709,06″.

Ciò aveva determinato l’ulteriore riformulazione del piano, da ultimo approvata con delibera n. 22/2016, oggetto dell’esame da parte della Sezione, recependosi “quanto disposto dall’art. 2, comma 6, del D.L. 78/2015, utilizzando, in tal modo, nel risultato di amministrazione la quota accantonata da erogazioni di liquidità ex d.l. 35/2013 e 102/2013 ai fini dell’accantonamento afondo crediti di dubbia esigibilità. Così facendo, il risultato di amministrazione da riaccertamento straordinario (all’1/1/2015), deve intendersi rettificato in  5.271.271,69….”.

La Sezione regionale, con deliberazione n. 12/2017, non approvava il piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Montalto Uffugo, valutandolo non congruo ai fini del riequilibrio finanziario, ritenendo che la manovra consentita dal d.l. n. 78/2015 (fondo anticipazione liquidità destinato ad accantonamento nel fondo crediti di dubbia esigibilità) poteva solo impattare sul risultato di amministrazione dell’esercizio finanziario 2015, ossia quello successivo all’entrata in vigore della norma.

Secondo la Sezione di controllo, l’Ente avrebbe erroneamente rideterminato la quota annuale di rientro trentennale del disavanzo, destinando minori risorse a tale fine e, dunque, sottostimando conseguentemente il reale fabbisogno finanziario inserito nel piano di rientro decennale.

Secondo la Sezione, quindi, la disposizione sopramenzionata che consente la destinazione delle risorse del fondo anticipazione liquidità (nel prosieguo, per brevità, FAL) all’accantonamento nel fondo crediti di dubbia esigibilità (nel prosieguo, per brevità, FCDE), essendo entrata in vigore il 20 giugno 2015 poteva disciplinare unicamente le operazioni contabili successive a tale data, con la conseguenza che il disavanzo effettivo, derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da ripianare in trent’anni, è di € 12.695.938,35 e non di €. 5.271.271,69.

La Sezione riscontrava, altresì, la presenza di consistenti debiti fuori bilancio e la crisi di liquidità dell’Ente, evidenziata dall’utilizzazione di fondi a destinazione vincolata, nonché dall’utilizzo di considerevoli anticipazioni di tesoreria, non integralmente rimborsate a fine esercizio.

Venivano rilevate, altresì, criticità in ordine alla attendibilità delle entrate di parte corrente e delle entrate una tantum sugli equilibri di bilancio con gli evidenti riflessi sul risultato di amministrazione, risultando critica la capacità di riscossione in conto competenza ed in conto residui.

Avverso la deliberazione della Sezione regionale di controllo, il Comune di Montalto Uffugo propone ricorso innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale, in speciale composizione, contestando l’asserita difficoltà dell’Ente a procedere al pagamento dei debiti fuori bilancio riconosciuti e rappresentando l’erroneità di quanto sostenuto nella deliberazione in ordine alla consistenza del fondo rischi.

Ritiene, altresì, non corretta la statuizione della Sezione regionale riguardante la ritenuta irretroattività della disposizione recata dall’art. 2, comma 6, del d.1. n. 78/2015, in vigore dal 20 giugno 2015, che consente di far confluire l’anticipazione di liquidità ricevuta al fondo crediti di dubbia esigibilità ai fini dell’accantonamento di quest’ultimo nel risultato di amministrazione, con riferimento al risultato di amministrazione 2014 rideterminato a seguito del riaccertamento straordinario dei residui all’1/1/2015, chiedendo, al riguardo, al Collegio giudicante di sollevare, eventualmente, la questione di legittimità costituzionale della menzionata norma “nella parte in cui non consente l’operazione di destinazione del FAL all’accantonamento nel FCDE anche nei mesi precedenti rispetto a quelli di entrata in vigore del d.1. n. 78/2015 ….”.

La conseguenza della contestata irretroattività della norma si sostanzia nella determinazione del disavanzo effettivo, derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da ripianare in trent’anni, nella misura di € 12.695.938,35 invece di € 5.271.271,69.

Inoltre, pone l’accento sulle azioni poste in essere dall’Ente al fine di migliorare la capacità di riscossione delle entrate proprie, ritenendosi non valutato correttamente il piano di riequilibrio nel suo esplicarsi nel tempo, in una visione dinamica della programmazione dei fatti gestionali e delle prospettazioni contabili.

La Procura generale, con memoria depositata in data 20 aprile 2017, ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Regione Calabria anche alla luce del favor legislatoris all’accesso alla procedura di riequilibrio che la giurisprudenza delle Sezioni riunite ha ravvisato nella normativa recata dagli artt. 243-bis e ss. del TUEL (Sez. riun., nn. 26/2014, 34/2014, 37/2014, 10/2015), dovendosi ritenere la declaratoria di dissesto, per quello che comporta, una conseguenza eccezionale.

Nell’udienza pubblica odierna, il difensore, riportandosi a quanto dedotto nel ricorso ha chiesto l’accoglimento dello stesso con conseguente annullamento della deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Calabria n. 12/2017, precisando, altresì, che l’Ente ha indicato, quali mezzi necessari per dare effettività al piano, l’incremento percentuale delle entrate (tributarie ed extra-tributarie) e la riduzione percentuale delle spese correnti, che, secondo l’Ente, sarebbero state avviate sin dall’esercizio 2014 con l’istituzione, nel 2015, di una struttura denominata “struttura speciale entrate comunali”, parallela all’ufficio tributi, finalizzata all’internalizzazione degli accertamenti tributari.

Il Procuratore generale, nel richiamarsi integralmente alla memoria depositata, ha chiesto l’accoglimento del ricorso con annullamento della deliberazione n. 12 del 22 febbraio 2017.

Considerato in

DIRITTO

  1. In via preliminare il Collegio rileva che il presente giudizio rientra nella propria giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica, ai sensi dell’art. 11, comma 6, lett. a) del d.lgs. 26/08/2016 n. 174, recante il codice di giustizia contabile che attribuisce a queste Sezioni riunite la piena ed esclusiva giurisdizione, in unico grado, in materia di piani di riequilibrio degli Enti territoriali ed ammissione al fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli Enti locali.

La disposizione del codice di giustizia contabile appena richiamata appare, peraltro, confermativa della norma già contenuta all’art. 243-quater, comma 5, del TUEL, che prevede la giurisdizione esclusiva di queste Sezioni riunite, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, per l’impugnazione delle delibere delle Sezioni regionali di controllo di approvazione o di diniego dei piani di riequilibrio.

  1. Nel merito, il Collegio rileva che,dall’esame dei documenti contabili versati in atti, con la delibera n. 13 del 29/4/2016, preceduta dalla delibera n. 8 del 13/4/2016, l’Ente si è avvalso della facoltà di far confluire l’anticipazione di liquidità nel FCDE, in sede di approvazione del rendiconto della gestione per l’esercizio finanziario 2015 rettificando il disavanzo da riaccertamento straordinario e modificando la quota di accantonamento trentennale da € 423.197,94 ad € 175.709,06.

Non emergono perplessità in ordine all’applicazione della disposizione con effetto retroattivo, in quanto, come rilevato dal Procuratore generale, l’Ente si è avvalso della facoltà normativamente riconosciutagli a partire dal rendiconto 2015 con la delibera di approvazione del rendiconto n. 13/2016, posto che la verifica di congruità del FCDE nel risultato di amministrazione deve essere effettuata solo a partire dal rendiconto 2015.

La norma dell’art. 2, comma 6, del d.l. n. 78/2015 presuppone l’esistenza di un fondo accantonato al fine di sterilizzare gli effetti sul risultato di amministrazione delle anticipazioni di liquidità impedendo un illegittimo ampliamento della capacità di spesa dell’Ente. Infatti, esso prevede che “gli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità a valere sul fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui all’articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione”.

Il fondo anticipazione di liquidità assolve allo scopo di sterilizzare all’interno del risultato di amministrazione le somme erogate all’Ente per far fronte ad una situazione di carenza di liquidità. Tale fondo viene poi a ridursi annualmente in base alle quote via via rimborsate.

Come chiarito, infatti, dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 181/2015, l’anticipazione di liquidità costituisce una anticipazione di cassa di più lunga durata rispetto a quella ordinaria e pertanto essa non può finanziare il disavanzo pregresso o non pregresso e, men che meno, quello conseguente al riaccertamento straordinario dei residui c.d. extradeficit, essendo deputata a fornire una provvista di cassa per estinguere i residui passivi.

Il fondo crediti di dubbia esigibilità si pone invece a presidio dei residui attivi incerti e la correttezza della sua determinazione è presupposto e garanzia del mantenimento degli equilibri finanziari dell’Ente, grazie alla sua funzione sterilizzatrice della spesa a fronte del rischio di mancata riscossione delle entrate.

La posta è accantonata all’interno del risultato di amministrazione, fino a quando il credito non viene riscosso (ed in tal caso le risorse saranno liberate) ovvero non viene stralciato dal conto del bilancio (in questo caso il fondo sarà ridotto di pari importo a copertura della insussistenza).

La Sezione delle Autonomie, già con deliberazione n. 19/SEZAUT/2014/QMIG, ha chiarito che dalla riconosciuta natura di anticipazione delle somme erogate ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35/2013 appare evidente che il legislatore ha voluto escludere che esse potessero concorrere alla determinazione del risultato di amministrazione generando effetti espansivi sulla capacità di spesa.

In seguito all’entrata in vigore del nuovo regime di armonizzazione contabile, la Sezione delle Autonomie, con ulteriore deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/QMIG, ha enunciato i seguenti principi di diritto: “nei bilanci degli enti locali soggetti alle regole dell’armonizzazione contabile, la sterilizzazione degli effetti che le anticipazioni di liquidità erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla l. 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, integrazioni e rifinanziamenti, producono sul risultato di amministrazione va effettuata stanziando nel Titolo della spesa riguardante il rimborso dei prestiti un fondo, non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell’esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata ai sensi dell’art. 187 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267Il fondo di sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidità va ridotto, annualmente, in proporzione alla quota capitale rimborsata nell’esercizio”.

Secondo l’insegnamento del Giudice delle leggi, peraltro, gli scostamenti dai principi del d.lgs. n. 118 del 2011 in tema di armonizzazione dei conti pubblici non costituiscono solamente un vizio formale dell’esposizione contabile, ma possono persino risultare strumentali ad una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio presidiati dall’art. 81 della Costituzione (Corte Costituzionale, sentenza n. 279/2016).

Queste Sezioni riunite hanno, poi, già chiarito che l’accantonamento del fondo anticipazioni di liquidità “ha come funzione, non il finanziamento del disavanzo, “bensì impedire un incremento della capacità di spesa mediante la sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidità riscosse in entrata” (Sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in speciale composizione, sentenza n. 26/2016/EL).

Inoltre, queste stesse Sezioni riunite hanno già avuto modo di precisare la necessità di una corretta quantificazione del fondo crediti di dubbia esigibilità (Sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in speciale composizione, sentenza n. 26/2016/EL) che costituisce uno dei pilastri della contabilità armonizzata (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/INPR) ed il cui ammontare, ai sensi dell’art. 167 del TUEL, è determinato in considerazione dell’importo degli stanziamenti di entrata di dubbia e difficile esazione, secondo le modalità indicate dal principio applicato della contabilità finanziaria contenuto nell’allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011.

Il predetto principio contabile aggiunge che, a seguito di ogni provvedimento di riaccertamento dei residui, è rideterminata la quota del risultato di amministrazione accantonata al FCDE, che, si rammenta, è un fondo rettificativo finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell’Ente per la parte che si prevede di non incassare nell’esercizio (Corte cost., sent. n. 279/2016).

Nella fattispecie in esame, l’Ente presenta, indubbiamente, una certa difficoltà nella capacità di riscossione delle entrate, cui conseguono le persistenti difficoltà di cassa ma l’iniezione di liquidità ad opera delle anticipazioni di cassa erogate ha determinato, nel quadriennio 2012/2015, un deciso miglioramento nella gestione in conto residui dei pagamenti, facendo crescere il trend di smaltimento dei residui passivi.

Le somme a destinazione specifica da ricostituire, per il solo esercizio 2016, sono pari ad €. 672.046,38 e l’Ente ha comunicato che, per gli esercizi 2013, 2014 e 2015, le entrate a destinazione specifica sono state integralmente ricostituite.

In merito al trasferimento al fondo crediti di dubbia esigibilità delle somme accantonate quali anticipazione di liquidità, nella fattispecie all’esame, non si assiste all’applicazione con effetto retroattivo della disposizione dell’art. 2, comma 6, d.l. n. 78/2015, poiché l’Ente si è avvalso, con la citata delibera di approvazione del rendiconto n. 13/2016, della facoltà normativamente riconosciutagli a partire dal rendiconto 2015, dovendo la verifica di congruità del FCDE nel risultato di amministrazione essere effettuata solo a partire dal rendiconto 2015.

Nel caso in esame, la modificazione operata dal Comune sul risultato di amministrazione scaturente dal riaccertamento dei residui, susseguente all’esercizio della facoltà di cui al citato art. 2, comma 6, del d.l. n. 78/2015, con l’atto deliberativo di approvazione del rendiconto 2015, appare, dunque, legittima e coerente con la normativa contabile.

Il Collegio non ravvisa violazione del principio di unicità dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui da parte del Comune, in quanto il riaccertamento all’1/1/2015 appare essere stato solo uno ed avvenuto ad opera della delibera di giunta n. 64 del 19/05/2015.

Come chiarito dal paragrafo 9/3 del principio contabile allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011, al fine di evitare comportamenti opportunistici, non è possibile effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attraverso successive deliberazioni.

Conseguentemente, ove il piano di riequilibrio si palesi congruo o, comunque, potenzialmente sostenibile nel suo complesso, questo è sempre da preferirsi alla dichiarazione di dissesto, come sostenuto più volte da queste Sezioni riunite, dovendosi apprezzare, ex ante, la ragionevole probabilità, in prospettiva, di raggiungimento del risanamento finanziario, fermo restando il monitoraggio semestrale da parte della Sezione regionale volto a verificare l’attuazione del piano di riequilibrio ed il conseguimento degli obiettivi intermedi relativi alle singole annualità del piano stesso.

Il reiterato e grave mancato rispetto di tali obiettivi, accertato dalla Sezione, determina l’applicazione dell’art. 6, c. 2, del d.lgs. n. 149/2011 e la conseguente dichiarazione dello stato di dissesto.

Deve, inoltre, reputarsi assorbita la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale proposta dal ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi in motivazione, annullando per l’effetto la delibera impugnata.

Nulla per le spese.

Link al documento: https://servizi.corteconti.it/bds/doVisualizzaDettagliAction.do?sptomock=&id=40007622&cods=40&mod=stampa

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