UTILIZZO DELL’AVANZO DI AMMINISTRAZIONE PER LE PERDITE DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE – DELIBERA CORTE DEI CONTI CAMPANIA N. 333/2016

… MERITO

Con specifico riferimento all’oggetto della presente pronuncia, il Collegio ritiene di poter fornire all’amministrazione richiedente indicazioni di principio volte a coadiuvare quest’ultima nell’esercizio delle proprie funzioni ricordando che la funzione consultiva della Corte non deve essere finalizzata a dare indicazioni relative all’attività gestionale concreta, la quale è rimessa alle valutazioni discrezionali di competenza dell’Amministrazione, ma a pronunciarsi solo su questioni di principio aventi carattere generale e dirette a fornire un ausilio all’ente richiedente per le determinazioni che lo stesso ente è tenuto ad assumere nell’esercizio delle proprie funzioni. Al riguardo, il Collegio può fornire indicazioni utili all’Amministrazione per la migliore scelta gestionale. Il risultato contabile di amministrazione costituisce il dato di sintesi dell’intera gestione finanziaria dell’Ente, e nell’ordinamento contabile degli enti locali, è definito, in termini puramente finanziari, dall’art. 186 del Tuel quale somma del fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi al termine dell’esercizio. La disciplina dell’istituto in parola trova una sua più compiuta definizione nell’attuale formulazione dell’art. 187 del tuel, che al comma 1 dispone che “Il risultato di amministrazione è distinto in fondi liberi, fondi vincolati, fondi destinati agli investimenti e fondi accantonati. I fondi destinati agli investimenti sono costituiti dalle entrate in c/capitale senza vincoli di specifica destinazione non spese, e sono utilizzabili con provvedimento di variazione di bilancio solo a seguito dell’approvazione del rendiconto. L’indicazione della destinazione nel risultato di amministrazione per le entrate in conto capitale che hanno dato luogo ad accantonamento al fondo crediti di dubbia e difficile esazione è sospeso, per l’importo dell’accantonamento, sino all’effettiva riscossione delle stesse. I trasferimenti in conto capitale non sono destinati al finanziamento degli investimenti e non possono essere finanziati dal debito e dalle entrate in conto capitale destinate al finanziamento degli investimenti. I fondi accantonati comprendono gli accantonamenti per passività potenziali e il fondo crediti di dubbia esigibilità. Nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l’ente è in disavanzo di amministrazione. Tale disavanzo è iscritto come posta a se stante nel primo esercizio del bilancio di previsione secondo le modalità previste dall’art. 188”. L’ente deve, quindi, provvedere ad effettuare ora una duplice verifica per la quantificazione dei fondi destinati agli investimenti, confrontando le entrate in conto capitale e da accensione prestiti accertate in conto competenza, con le spese in conto capitale impegnate nell’esercizio. La differenza fra le suddette poste costituisce quota destinata agli investimenti. Occorre altresì confrontare gli importi da residui passivi per spese in conto capitale eliminati, con eventuali residui attivi derivanti da entrate in 6 conto capitale e da accensione prestiti eliminati. L’eventuale differenza positiva determina un incremento della quota del risultato di amministrazione da destinare a detto fine. L’avanzo libero, quindi, costituisce una risorsa a carattere residuale, di natura straordinaria con caratteristiche di non ripetitività, almeno nel suo ammontare (l’ipotesi di risultato opposta è contemplata dal richiamato art. 188 del Tuel con riferimento allo scomputo, dal risultato finale, delle quote vincolate, destinate ed accantonate). Ciò spiega le cautele previste dal legislatore in ordine al suo utilizzo. Il comma 2 del precitato art. 187, nella sua attuale formulazione, infatti prevede che “ La quota libera dell’avanzo di amministrazione dell’esercizio precedente, accertato ai sensi dell’art. 186 e quantificato ai sensi del comma 1, può essere utilizzato con provvedimento di variazione di bilancio, per le finalità di seguito indicate in ordine di priorità: a) per la copertura dei debiti fuori bilancio; b) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all’art. 193 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari; c) per il finanziamento di spese di investimento; d) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente; e) per l’estinzione anticipata dei prestiti. La riscrittura dell’articolo è stata posta in essere al fine di garantire il mantenimento degli equilibri di bilancio. Pertanto la facoltà di impiegare l’avanzo libero per il finanziamento di (ulteriori) spese di investimento è espressamente prevista dal legislatore, ed è consentita, con provvedimento di variazione di bilancio, secondo l’ordine di priorità come sopra definito. Va sottolineato quindi che l’ipotesi prospettata dall’ente deve essere attentamente vagliata, atteso il carattere di prevalenza che rivestono eventuali esigenze di copertura di debiti fuori bilancio o di riequilibrio della gestione (Cfr. le ipotesi di cui alle lettere a e b). Resta invariato il comma 3 bis dell’art. 187 del tuel che stabilisce che “L’avanzo di amministrazione non vincolato non può essere utilizzato nel caso in cui l’ente si trovi in una delle situazioni previste dagli articoli 195 e 222, fatto salvo l’utilizzo per i provvedimenti di riequilibrio di cui all’articolo 193”. Infine, sempre con riguardo all’applicazione dell’avanzo di amministrazione accertato con il consuntivo dell’anno precedente rileva il principio contabile applicato della competenza finanziaria (principio 9.2 dell’allegato 4.2) che precisa: “La quota libera del risultato di amministrazione può essere utilizzata con il bilancio di previsione o con provvedimento di variazione di bilancio, solo a seguito dell’approvazione del rendiconto, per le finalità di seguito indicate in ordine di priorità: a) per la copertura dei debiti fuori bilancio; b) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio (per gli enti locali previsti dall’articolo 193 del T.U.E.L.) ove non possa 7 provvedersi con mezzi ordinari. Per mezzi ordinari si intendono tutte le possibili politiche di contenimento delle spese e di massimizzazione delle entrate proprie, senza necessariamente arrivare all’esaurimento delle politiche tributarie regionali e locali. E’ pertanto possibile utilizzare l’avanzo libero per la salvaguardia degli equilibri senza avere massimizzato la pressione fiscale; c) per il finanziamento di spese di investimento; d) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente; e) per l’estinzione anticipata dei prestiti”. Pertanto, alla luce del rinnovato art. 187 T.U.E.L. e del citato principio contabile è possibile individuare “un preciso ordine di priorità per l’utilizzo della quota libera dell’avanzo di amministrazione e la ratio sottesa a detta regola va ravvisata nell’esigenza di garantire la salvaguardia degli equilibri di bilancio. In altri termini la “destinazione” dell’avanzo libero di amministrazione deve essere conforme sia alle finalità sia all’ordine di priorità indicate dal legislatore” (in questi termini cfr. Corte dei conti, sez. reg. di Controllo per il Piemonte n. 15/PAR/2008). Quanto all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione “per il ripiano di perdite della società a totale capitale pubblico che gestisce diversi servizi pubblici locali essenziali”, la questione, al pari della precedente e come riconosciuto dallo stesso Ente, “ha notevole incidenza sul bilancio dell’ente e sulla corretta formazione dello stesso”. La questione prospettata deve essere scrutinata alla luce della normativa circa il ripiano delle perdite da parte dell’ente locale dettata dall’art. 14 comma 5 del T.U. in materia di società a partecipazione pubblica (D. lgs. 175/2016) che prevede specifici limiti al riguardo. La disposizione citata infatti specifica che “Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne’ rilasciare garanzie a favore delle societa’ partecipate, con esclusione delle societa’ quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle societa’ di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purche’ le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorita’ di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalita’ di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuita’ nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanita’, 8 su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”. Passando, invece, ad esaminare la legittimità dell’utilizzo della quota libera dell’avanzo per la ricapitalizzazione occorre fare riferimento alle norme del codice civile che prevedono un intervento del socio e cioè l’art. 2446 (perdite d’esercizio superiori al terzo del capitale) e l’art. 2447 (perdite d’esercizio che riducono il capitale sociale al di sotto del limite legale). Con riguardo a tali operazioni occorre, in primo luogo, ricordare che, al di là del nomen iuris utilizzato dal legislatore in materia, le operazioni di ricapitalizzazione mediante utilizzo dell’avanzo sono state ritenute illegittime qualora adombrino, di fatto, un ripiano delle perdite d’esercizio croniche (Cfr. Corte dei conti, sez. reg. per il controllo del Piemonte n. 15/PAR/2008). Con tale normativa si focalizza in particolare l’attenzione anche in tema di rapporti finanziari, in quanto l’art. 21 statuisce quanto segue: “Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell’esercizio successivo, all’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile. L’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione. 9 2. Gli accantonamenti e le valutazioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dall’anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017, in presenza di adozione della contabilità finanziaria: a) l’ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell’esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l’accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b); b) l’ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell’esercizio precedente.” Trattasi di una norma che ha recepito le disposizioni di cui all’art.1, commi 550-552, della legge n. 147/2013 (legge finanziaria per il 2014), e che prevede, nel rispetto del principio della prudenza, uno stanziamento figurativo di spesa da far rifluire, al termine di ciascun esercizio considerato, nell’avanzo vincolato, in modo da garantire la salvaguardia degli equilibri di bilancio futuri dell’ente. Il perimetro di applicazione della disposizione sugli accantonamenti comprende aziende speciali, istituzioni e società, indipendentemente dalla quota di partecipazione pubblica, di maggioranza o di minoranza, diretta o indiretta, e postula una specifica modalità di costituzione dell’avanzo vincolato in correlazione alle dinamiche economico-finanziarie degli organismi partecipati. Infatti, la prima situazione comprende l’ipotesi di organismi che hanno fatto registrare una perdita, dopo precedenti bilanci in utile, oppure che hanno riportato un risultato negativo superiore alla media del triennio precedente (peggioramento dei conti). La seconda, viceversa, contempla il caso di una perdita nell’ultimo bilancio disponibile, inferiore alla media del triennio precedente (miglioramento dei conti), cui corrisponde una modalità di calcolo più agevolata degli accantonamenti in parola. E’ chiaro che solo una protratta situazione di disavanzo economico societario, resa evidente da bilanci in progressiva perdita, tale da integrare i presupposti previsti ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2447 e 2448 del c.c. (come si desume dall’inciso “nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione”) rende possibile l’intervento dell’ente pubblico che voglia rimuovere la causa di scioglimento e liquidazione della società. 10 In tal caso l’Amministrazione deve indicare le motivazioni economiche per cui non operi lo scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484 c.c., ma si propenda per la ricapitalizzazione. Resta fermo, per l’ente, l’obbligo di alimentare il fondo in parola, che costituisce comportamento di sana gestione finanziaria espressamente codificato dalla norma.

Link al documento: http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/campania/pareri/2016/delibera_333_2016.pdf

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